L’avvocato - nel processo di famiglia - è difensore del padre o della madre ma è anche difensore del minore. Qualunque sia la sua posizione processuale.

“Nel processo di famiglia l’avvocato è difensore del padre o della madre; ma certamente è anche difensore del minore. Qualunque sia la sua posizione processuale”

 

Questo afferma una ordinanza in cui mi sono imbattuto durante una ricerca giurisprudenziale per un caso specifico.

Ordinanza che – nonostante sia del 2016[1] - è quantomai attuale e costituisce  MEMENTO  (per lo scrivente prima che per chi legge)  circa  il delicato il ruolo dell’avvocato nei procedimenti di in cui sono coinvolti minori.

 

Ai lettori – specie ai colleghi – si paleseranno i tanti proc.ti di famiglia in cui i minori anziché beneficiari sono vittime della conflittualità giudiziaria ( e chi è che non ne ha esperienza!!). Ma le restanti parti dell'ordinanza sono chiarissime!!

 

“Al cospetto di una litigiosità esasperata dei genitori, avente ad oggetto finanche una res litigiosa inesistente e frutto, dunque, del solo desiderio di creare nuove occasioni di scontro, ove soprattutto si tratti di micro-conflittualità, gli Avvocati del processo hanno non solo il dovere ma invero l’obbligo di svolgere un ruolo “protettivo” del minore, arginando il conflitto invece che alimentarlo. Ciò alla luce di una interpretazione sistematica ed evolutiva dell’Ordinamento vigente, come risultante per effetto delle normative sopravvenute nel tempo.”

 

E tra queste rilevanti l’ordinanza ne cita diverse; ma anzitutto premette: 

 

“Giova muovere dalla primaria considerazione che l’Avvocato svolge un servizio di pubblica necessità (art. 359 c.p.) ed opera nel contesto di un ordinamento (quello forense) la cui primaria funzione è quella di «garantire la tutela degli interessi individuali e collettivi» sui quali incide la sua attività (art. 1, comma II, lett. a, legge 31 dicembre 2012 n. 247) assicurando, dunque, anche la realizzazione di interessi pubblici primari. Al lume della nuova legge professionale, l’Avvocato è esso stesso parte del servizio pubblico di Giustizia, onerato del dovere di proteggere anche gli interessi pubblici che “incontra” in occasione del processo cui prende parte. Nella doverosa rappresentanza degli interessi egoistici difesi deve, dunque, anche farsi carico di assistere e presidiare gli “interessi altri” coinvolti, nei casi in cui l’Ordinamento gli affidi questo ruolo e questa responsabilità. Lo testimonia espressamente il nuovo codice deontologico forense ove, proprio all’art. 1, è previsto che l’Avvocato «vigila sulla conformità della legge ai principi della Costituzione e dell’Ordinamento dell’Unione Europea sul rispetto del medesimi principi, nonché di quelli della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali». In alcuni settori in particolare, l’Avvocato diventa, dunque, esso stesso uno strumento di tutela degli interessi prioritari in gioco senza che ciò comporti una rinuncia al suo suolo di “parte del processo”.  Con specifico riguardo al procedimento in cui coinvolti minori, è sempre il Codice Deontologico forense a delineare una funzione del difensore di tipo protettivo.”

Infatti 

-l’Avvocato non può ascoltare il minore di età o avere con questi colloqui sulle circostanze oggetto di controversie genitoriali (art. 56 codice deontologico)

e soprattutto

-Il minore  assume la qualifica di parte “sostanziale” del processo in cui è coinvolto (Cass. Civ., Sez. Un., 2238 del 2009; Corte Cost. n. 83 del 2011)

Pertanto “l’Avvocato non assiste mai uno dei genitori “contro” il minore ma, semmai, in favore e nell’interesse “del minore”. Il minore, dunque, non è un “antagonista” processuale né rispetto all’attore, né rispetto al convenuto. Al contrario, nelle dinamiche avversariali (formate dalle posizioni attorea e di convenuto), i figli sono in posizione “neutrale” e gli Avvocati, assumendo la difesa dei loro genitori, si impegnano a proteggerli e ad operare anche nel loro interesse.”

Il valore “protettivo del minore” che deve ispirare anche l’attività dell’Avvocato  si desume anche:  

-dalle “Linee Guida del Comitato dei Ministeri del Consiglio d’Europa sulla Giustizia a Misura di minore”... “Ebbene, in questo testo europeo, tra l’altro, si richiamano le autorità giudiziarie e tutti i professionisti in contatto con i minori (inclusi gli Avvocati) affinché «in tutti i procedimenti giudiziari i minori siano protetti da eventuali pregiudizi, tra cui intimidazioni, rappresaglie e vittimizzazione secondaria».”

- dal Diritto Ue e le convenzioni internazionali convergono nell’affermare che «in tutti gli atti relativi ai minori (…) l’interesse superiore del bambino deve essere considerato preminente» (v. ex multis, art. 3 par. 1, Convenzione di New York sui diritti del fanciullo; art. 24, par. 2. della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea). 

Alla luce di tutto quanto sin qui evidenziato, reputa questo Tribunale che quando l’Avvocato stipula il contratto di patrocinio con un genitore, per assisterlo in un procedimento minorile in cui coinvolti i figli, di fatto perviene alla conclusione di un contratto «ad effetti protettivi verso terzi» ove terzi sono i figli, secondo il modello negoziale collaudato in settori affini, come quello sanitario.”[2]

“In altri termini, nella doverosa assistenza del padre o della madre, l’Avvocato deve sempre anteporre l’interesse primario del minore e, in virtù di esso, arginare la micro-conflittualità genitoriale, scoraggiare litigi strumentali al mero scontro moglie-marito, proteggere il bambino dalle conseguenze dannose della lite.”

E soprattutto  va evidenziato che in presenza di tale dovere la violazione da parte dell’Avvocato comporta necessariamente una 

responsabilità, tant’è che: 


“Ne consegue ancora che l’Avvocato può essere, per l’effetto, destinatario di un rimprovero nelle sedi competenti (in primis quella della responsabilità civile) per condotte attive od omissive che abbiano contribuito a causare un nocumento al minore, per effetto della omessa o mancata protezione dell’interesse superiore del fanciullo.” 

C’è molta materia per le riflessioni circa la deontologia professionale…e non solo!!

Pasquale avv.Lattari

 

 

 

 

 



[2] La giurisprudenza ( Cass. civ. Sez. Unite 2008, n. 577 ed altre ) definisce ed inquadra nel contratto con effetti protettivi "a favore del terzo" il ricovero ospedaliero tra la partoriente e l’ente ospedaliero: l’ente è obbligato – per tutte le cure necessarie e prestazioni necessarie – non solo verso la madre ma anche nei confronti del nascituro e proteggerlo da ogni pregiudizio.La  Cass. civ. Sez. Unite, 2002, n. 9346 fa riferimento  al contratto ad effetti protettivi a favore del terzo anche  alla responsabilità da “contatto sociale” dell’istituto scolastico che stipulando il rapporto con i genitori a seguito iscrizione ed ammissione del minore/allievo, determina l’instaurazione di un vincolo negoziale con obbligo di protezione "a favore del terzo" minorenne dai danni procurati da sé stesso.